Nel 2009 l’ONU istituì il 18 luglio, in occasione del compleanno di Nelson Mandela, il Mandela Day. Ogni anno in tutto il mondo questo giorno è l’occasione per promuovere i concetti di giustizia, pace e sottolineare l’importanza della diversità, non intesa come disuguaglianza ma uguaglianza e per parlare di diritti civili. Quei diritti civili che sono i diritti inalienabili dell’uomo, ovvero che devono essere riconosciuti ad ogni persona solo per il fatto di appartenere al genere umano, indipendentemente dalle origini, razza o luogo dove esso si trovi.
Mandela sin da giovane, ispirato dalle battaglie di Gandhi sui diritti fondamentali dell’uomo, dedicò la sua intera vita a questa lotta fino a diventarne una figura determinante non solo per il suo Paese ma per l’intero mondo. Fu il primo Presidente di colore e il primo ad essere eletto democraticamente in Sudafrica, dopo aver trascorso 27 anni in carcere.
Il Sudafrica
Per inquadrare meglio il pensiero e l’attivismo di Nelson Mandela e capirne a fondo la sua grande visione, dobbiamo accennare a quello che è stata la sua storia e quella del Sudafrica.
Sin dal ‘600 il Paese era una colonia olandese e gli olandesi arrivati su quel territorio erano contadini che si fecero chiamare boeri e che adottarono una propria lingua, mischiandosi con altri gruppi europei, ed insieme si misero in contrapposizione anche violenta, agli africani, indigeni del posto, di lingua bantu. Nel ‘800 il Sudafrica divenne colonia inglese, facente parte dell’Impero britannico e da quel momento usi e costumi verranno modificati, a cominciare dalla lingua ufficiale che fu adottata, cioè l’inglese.
Rolihlahla Mandela, il nome Nelson gli fu dato da una sua insegnante, nasce nel 1918 nella parte est del Sudafrica. Suo padre era un capotribù Thembu e la famiglia Mandela era imparentata con la Famiglia Reale Thembu. La sua condizione gli permise di frequentare una scuola di missionari e successivamente, dati i suoi straordinari successi scolastici, di iscriversi all’università, dove studiò legge. Proprio in questi anni emerse il suo carattere e la sua predisposizione per i diritti civili e con la conseguente laurea in legge e i suoi inizi di avvocatura, dovette rinunciare al diritto di capotribù. Diritto che aveva acquisito all’età di nove anni, quando alla morte del padre era entrato a far parte ufficialmente della Famiglia Reale. Nel 1944 Mandela entra all’ANC – Congresso Nazionale Africano – e ne diviene in breve, il leader della sezione giovani. L’organizzazione lottava per la libertà dei sudafricani neri che richiedevano pari diritti ai bianchi. Nel 1948 la storia del Paese si unirà definitivamente alla vita di Mandela, in quanto il governo sudafricano approvò alcune leggi che puntavano a tenere bianchi e neri separati in ogni attività e in ogni occasione di vita. Queste leggi sono tristemente note come “Apartheid”.
La prigionia e la presidenza
Nel 1961, il Sudafrica viene condannato dalla comunità internazionale, espulso dal Commonwealth britannico e viene proclamata la Repubblica del Sudafrica. Da quel momento i governi stranieri boicotteranno per anni non solo il commercio ma tutte le attività, anche quelle sportive che appartenevano al Paese. Nel 1963 Mandela, che era stato in viaggio per far conoscere e divulgare il concetto di Apartheid nel mondo, rientrato in Sudafrica viene immediatamente arrestato con l’accusa di sabotaggio e attività di complotto contro il governo. All’età di 46 anni, il leader venne processato e condannato all’ergastolo. Fu solo l’11 febbraio del 1990 che il governo sudafricano, sotto la guida del Presidente Klerk, con un’amnistia, libera Mandela. Lo stesso anno Nelson Mandela torna ad essere leader del ANC, con la consapevolezza che l’unica strada percorribile per il bene del popolo passa dalla non violenza e dalla cooperazione tra bianchi e neri. Nel 1993 fu candidato e vinse il Nobel per la Pace e nel 1994 con un processo di transizione democratica, il Sudafrica concede il voto ai neri. Fu anche per questo motivo che Mandela, candidatosi alla presidenza del suo Paese, vinse con una maggioranza schiacciante. Durante la sua presidenza non si fermerà mai come attivista per la giustizia sociale in tutto il mondo.
Il suo insegnamento
Nel 1999 si ritirò ufficialmente dalla vita pubblica ma non interruppe mai la sua azione umanitaria. Sicuramente, insieme a Martin Luther King, è stato il simbolo della libertà razziale. Ha divulgato con il suo esempio il “credere” in ciò che è giusto, ha portato il messaggio di non violenza e di uguaglianza nel mondo, nelle scuole e in tutti i luoghi di aggregazione dei giovani. Ha trasmesso a loro e al mondo che anche davanti al “fine vita mai” non bisogna arrendersi e credere sempre nei propri ideali.
Resteranno nella storia le parole dette in occasione della fine dell’Apartheid che pronunciò nel 1994 al termine della sua reclusione: “Siamo appena usciti dall’esperienza di una catastrofe straordinaria dell’uomo sull’uomo durata troppo a lungo, oggi qui deve nascere una società a cui tutta l’umanità guarderà e questo ci renderà orgogliosi. Dedichiamo questa giornata a tutti gli eroi e le eroine di questo Paese, per aver sacrificato la loro vita in molti modi perché potessimo tornare ad essere liberi, e al resto del mondo che ci ha accompagnato in questo cammino. Dobbiamo quindi agire insieme come un popolo unito, per la riconciliazione nazionale, per la costruzione della nazione, per la nascita di un nuovo mondo. I sogni sono diventati realtà. La libertà è la loro ricompensa”.
L’uomo politico Nelson Mandela è probabilmente la persona che ha ricevuto più riconoscimenti nel mondo: gli sono state conferite oltre 50 lauree honoris causa e altri premi, per un totale di 250. Il 5 dicembre del 2013 muore, nella sua casa a Johannesburg. I funerali dureranno dieci giorni. Nella sua città natale Qunu fu allestita un’enorme tensostruttura. La bara di Tata, il Grande Vecchio, come lo chiamavano affettuosamente i sudafricani, era avvolta nella bandiera sudafricana e giunse alla cerimonia salutata da salve di cannone e scortata da militari. Sotto la tensostruttura furono posizionati 95 ceri, uno per ogni anno vissuto da Madiba (nome con cui veniva chiamato all’interno della sua tribù d’origine). Quando la bara fu calata nella terra, nel cimitero di famiglia, il gesto finale è stato salutato da un volo della pattuglia acrobatica sudafricana.
Da quel momento il mondo diventò più povero. A noi resterà il grande esempio di vita, di valori e di grande difensore dei diritti umani.