5 maggio 1821, una data evento che tutti noi ricordiamo dai banchi di scuola per la celebre ode che Alessandro Manzoni compose quando si seppe la notizia che l’imperatore di Francia, Napoleone Bonaparte, in esilio a Sant’Elena, era morto.
A duecento anni dalla sua scomparsa, sono già iniziate le celebrazioni in Francia, e in Italia, qualcuno ha già dissentito sull’omaggiare un uomo che, da una parte non perse mai occasione per denigrare la sua nazione d’origine (era corso per adozione e toscano di origine), sino a francesizzarsi il cognome togliendosi quella “U” che tanto sapeva di Italiano e dall’altra, con la sua “follia” di conquistatore, strappò all’Italia oggetti bellissimi, opere d’arte di inestimabile valore, saccheggiò palazzi e dimore dei ricchi appropriandosi dei beni prodotti dalla creatività e dal genio italico per arricchire il patrimonio francese.
Indubbiamente, Napoleone è uno dei personaggi più discussi e meno amati della storia.
Non c’è da sorprendersi se molti studiosi, storici e scrittori di ogni parte del mondo abbiano dedicato la loro vita e il loro lavoro a ricercare, scoprire e scrivere del primo imperatore di Francia. Ad oggi su Napoleone sono stati scritti più di 70.000 libri, in diverse lingue; la prima bibliografia fu pubblicata in Cina nel 1828 e persino Sir Winston Churchill, suo grande ammiratore, ne scrisse una, dopo essersi documentato per anni. Non solo. Oggi su internet è il personaggio storico più citato, dopo Gesù, e nella rete esistono più di 4500 siti napoleonici.
Un protagonista della “grandeur” francese, con una sete di potere che lo rendeva assolutamente inquieto e superattivo. All’inizio, neanche i francesi volevano che a capo della loro nazione vi fosse un corso, oriundo italiano, con la erre poco arrotata e la grammatica zoppicante (in casa dei Buonaparte si parlava italiano). Infatti, fu molto criticato e additato, anche quando nel 1804 nella chiesa di Notre-Dame, al cospetto del Papa, decise di porsi da solo in testa la corona di ferro, incoronandosi Imperatore. Questo gesto fu vissuto come altro gesto di arroganza, mal sopportato dai francesi, in quanto voleva dire che non riconosceva nessuna autorità superiore alla sua. Oggi però la salma di Napoleone è riposta, in una cappella, all’interno del Dome des Invalides, uno dei più grandiosi monumenti che adornano la città di Parigi.
La sua brama di comando lo portò ad essere odiato da quasi tutta l’Europa; gli inglesi, per sminuire il suo valore in battaglia, misero in giro la voce che era molto basso, ma molti studiosi hanno definito che la sua altezza era di 1,69 cm, circa 3 cm sopra la media di quel tempo. I tedeschi, fin dall’inizio dell’ascesa di Napoleone, sostennero che il nuovo regime francese era una dittatura pericolosa per l’intera Europa. Una volta dotato della pienezza dei poteri, il generale avrebbe potuto espandersi sul continente, fino a diventarne un’incontrastata potenza. I russi e i prussiani lo contrastarono fino a quasi distruggere il suo esercito, mentre in tutta Europa scoppiavano una serie di insurrezioni antifrancesi, che costrinsero Bonaparte ad abdicare e mandarlo al confino sull’isola d’Elba. La sua successiva fuga e l’esperienza dei “cento giorni” si chiuderà con la battaglia di Waterloo (18 giugno 1815) e l’esilio definitivo nell’Oceano Atlantico, nella sperduta isola di Sant’Elena, vicino alle coste dell’Angola.
Ma a dire il vero, a Napoleone bisogna anche dare qualche merito: sicuramente fu un innovatore. Basti pensare che, durante le sue campagne di guerra, cominciò a sperimentare quello che in seguito sarebbe diventato il cibo in scatola: questo grazie al suo pasticcere Nicolas Francois Appert che ideò un metodo di cottura del cibo in vasetto, a chiusura ermetica, che ben si prestava a lunghi periodi e agli spostamenti.
Potrà apparire strano, ma fu anche uno storico.
La sua più grande conquista della spedizione in Egitto non fu militare o politica, ma scientifica: ad un suo ufficiale si deve, infatti, la scoperta della Stele di Rosetta, una tavola in granito dove accanto ai geroglifici vi è il testo tradotto in greco. Una scoperta di eccezionale importanza, in quanto ha aperto la strada ai linguisti, per capire e leggere i geroglifici e quindi far comprendere lo studio dell’antico Egitto.
Un altro aspetto che bisogna riconoscergli fu il ruolo di legislatore. Di grande importanza fu il lascito delle riforme attuate tra il 1800 e il 1804, anni in cui fu redatto il Codice civile conosciuto come il Codice Napoleonico. Il sistema amministrativo francese, da quel momento, abbandonò il decentramento della rivoluzione e si caratterizzò per un accentramento statale. Altra innovazione assolutamente rivoluzionaria fu l’introduzione del concetto di “successione”, imponendo la regola che una parte dell’eredità dovesse essere divisa in parti uguali tra i discendenti. Ricordiamo che, fino ad allora, le usanze erano assolutamente lontane da queste direttive. Introdusse la norma sulla regolamentazione delle “controversie tra coniugi” che finalmente potevano essere risolte con il divorzio, purché richiesto consensualmente. Nello stesso testo però, emanò una serie di articoli che obbligavano le donne ad essere sottomesse all’uomo, alla sua autorità, giurargli obbedienza e vietò loro di poter sottoscrivere un contratto o avviare un’azione di qualsiasi natura in autonomia.
Fu un riformatore nell’ambito dell’istruzione. Grazie a lui venne sviluppata l’istruzione superiore, con l’introduzione dei licei pubblici, finanziati dal denaro raccolto con le tasse e dove gli insegnanti erano dipendenti dello Stato. Ma non si fermò. I licei privati allora, riservati ai figli della borghesia, vennero fatti regolarmente controllare e verificati da funzionari dello Stato per uniformare l’insegnamento e, nel 1806, venne introdotto il monopolio statale dell’istruzione universitaria.
Qualche anno prima, precisamente nel 1800, per controllare le finanze e regolare il credito, creò la Banca di Francia.
La vita di Bonaparte non si può certo raccontare in poche righe; le sue strategie di guerra ancora oggi vengono insegnate a West Point, famosa accademia militare americana; il suo Codice vige in Francia in quasi la sua interezza; il modello creato della Banca di Francia è stato esempio per l’istituzione in Europa della BCE.
Per non parlare delle sue donne… le donne di Napoleone furono tantissime e sparse in tutta Europa. A partire dal suo grande amore, che sposò in prime nozze, Giuseppina Beauharnais, dalla quale dovette divorziare perché non ebbe dei figli, alle nozze “di comodo” con Maria Luisa D’Asburgo-Lorena.
Bonaparte ebbe una serie di donne perché credeva che un sovrano come lui dovesse godere di incontri con giovani e belle signore: quindi, ecco, la contessa Maria Walenwska, Mademoiselle George, Desirèe Clary, altro amore la moglie di un suo giovane ufficiale, che divenne nota come “Cleopatra di Napoleone”, all’italiana Giuseppina Grassini, cantante lirica. Insomma, aristocratiche, donne ricche, dame borghesi, ballerine che facevano a gara per aprire le porte dei propri salotti all’Imperatore; non certo per il suo bell’aspetto ma per ciò che rappresentava e il potere indiscusso che trasmetteva.
Il suo carattere contraddittorio, la sua avidità verso il cibo, la mancanza di buone maniere a tavola, il non curare il suo aspetto, il modo di vestire, la sua arroganza, provocarono negli altri critiche severe e certamente incisero in quella mancanza di stima, di rispetto e di simpatia che uomini di potere, letterari, uomini di cultura e militari non nascosero mai di provare.