120 anni fa, il 27 gennaio 1901 alle ore 02.50 nella stanza 105 del Grand Hotel de Milan, che ancora oggi si affaccia su via Manzoni, dopo 6 giorni di agonia, in conseguenza di un ictus, muore all’età di 87 anni il Maestro Giuseppe Verdi, tra i massimi compositori dell’800, autore di pagine musicali indimenticabili e di opere straordinarie del melodramma italiano, opere ancora oggi molto amate dal pubblico.
L’amore tra Milano e Verdi e tra Verdi e la città, si può racchiudere nel racconto delle sue ultime giornate di vita quando i milanesi, per rispetto al Maestro ormai morente, riempirono di paglia tutta via Manzoni e le vie adiacenti al Grand Hotel per attutire il rumore degli zoccoli e delle ruote delle carrozze sull’asfalto e permettergli quindi di riposare.
Per suo volere, Verdi volle un funerale modestissimo e desiderò che le sue spoglie riposassero nella Casa di Riposo per Musicisti, ancora oggi esistente, che lui stesso fece costruire. Ma non tutti sanno che Verdi ebbe due funerali: il primo come da suo desiderio, doveva svolgersi in forma privata, all’alba e lontano da occhi indiscreti, e il feretro doveva essere portato al Cimitero Monumentale di Milano. Ma alle luci dell’alba di quel 30 gennaio 1901, da ogni parte di Milano, accorse una folla di migliaia di persone. Il Corriere della Sera racconta che, durante il percorso del feretro da Via Manzoni al cimitero, il carro funebre passò avvolto da una nebbia mattutina tra due ali di migliaia di uomini e donne in lacrime.
Un mese dopo l’evento, esattamente il 27 febbraio, non per suo volere, ma perché erano terminati i lavori della Casa di Riposo, le sue spoglie vennero trasportate dal cimitero alla cripta costruita appositamente.
Quel giorno vi fu un’enorme partecipazione popolare; oltre alla presenza delle più alte cariche dello Stato e dei personaggi più illustri della società, compresi molti stranieri, 300 mila persone seguirono il feretro, con in testa un coro di 820 voci, diretti dal Maestro Arturo Toscanini, che intonavano il Va pensiero. Il corteo fu così imponente che il feretro impiegò undici ore per raggiungere il palazzo di Via Buonarroti.
L’amore dei milanesi verso Verdi aveva delle solide basi; lui fece tanto e fu generosissimo in vita, sempre attento agli altri, ai bisogni degli ultimi. Infatti, oltre alla Casa di Riposo per Musicisti, fece costruire l’Ospedale di Villanova sull’Arda, ancora oggi in funzione. Ma Verdi si adoperò anche politicamente. Fu grande uomo politico – deputato del Regno d’Italia e in seguito Senatore – contribuì a creare l’Italia anche attraverso le sue opere, dove raccontò sia i vizi sia le virtù degli italiani, degli ideali di liberalismo e di libertà.
Milano fu il luogo della sua formazione, della sua collaborazione con Casa Ricordi, che pubblicò anche in seguito tutte le sue opere; fu il salotto dove conobbe la sua seconda moglie, la soprano Giuseppina Strepponi, e la città che, con il suo Teatro alla Scala, decretò il suo primo successo. Ma Milano fu anche la città che lasciò, insoddisfatto di come venivano trattate le sue opere, per quasi un ventennio, per andare a Parigi e a Londra dove invece le sue composizioni ricevevano grandi approvazioni.
Un rapporto ambivalente di passioni e contrasti che segnò tutta la vita del compositore. Infatti, nonostante la lontananza, Verdi mantenne stretti rapporti con alcune nobildonne milanesi e con Giulio Ricordi. Il ritorno a Milano si spiega grazie all’insistenza dell’amico Manzoni e alla “mancanza” del Risotto alla Milanese, piatto in assoluto preferito. Saranno proprio Milano e Ricordi a prolungare la sua carriera e la sua produzione, ben oltre il limite che lui stesso si era posto.
Verdi era uomo di carattere forte, a volte burbero e poco malleabile. Le cronache del tempo raccontano che un giorno Verdi venne contattato da Ismail Pascià, Viceré d’Egitto, per commissionargli un inno da suonare in occasioni delle celebrazioni per l’apertura del canale di Suez, prevista nel 1870. Il sovrano egiziano nutriva una grande passione per l’Opera italiana ma Verdi non scese a compromesso perché non avrebbe mai scritto una musica d’occasione e rispose di no.
In realtà da qui inizia la storia e la leggenda dell’Aida, opera in quattro atti, su libretto di Ghislanzoni. Si dice infatti che il Viceré fosse in procinto di chiedere a Wagner la scrittura dell’opera ma quando l’indiscrezione arrivò alle orecchie di Verdi, questi si affrettò a concludere la trattativa e ne accettò la proposta. L’Aida fu rappresentata il 24 dicembre 1871 al Teatro Nazionale del Cairo, con un enorme successo.
Successo che fu decretato anche in patria. Verdì compose 28 opere e 5 rimaneggiamenti più la Messa di Requiem, in memoria dell’amico Manzoni; inoltre, musicò 4 pezzi di musica sacra, tra i quali il Pater Noster e l’Ave Maria, sui versi erroneamente attribuiti a Dante.
Dopo la Messa di Requiem, rappresentata il 22 maggio nella chiesa di San Marco a Milano, egli scrisse ancora due opere: l’Otello nel 1887 e Falstaff nel 1893, entrambe presentate nella Città che aveva tanto amato e che lo aveva amato moltissimo.
La produzione di Verdi è stata molto significativa e le sue opere rimangono tra le più amate e rappresentate nei teatri del mondo. Vogliamo ricordare alcune tra tutte: Rigoletto, La Traviata, il Trovatore, la Forza del destino e il Don Carlos e la già citata Aida, forse la più famosa.