Ciao Fabio, partiamo subito con una domanda sulla nascita del movimento “Bauli in Piazza” di cui sei stato uno dei fautori. Movimento che ha portato alla ribalta della cronaca e all’attenzione della politica romana la difficile situazione che stiamo vivendo noi operatori dello spettacolo e di organizzazione di eventi. Ci racconti?
A fine agosto 2020, con alcuni altri professionisti del settore, ci siamo resi conto che le istituzioni non stavano cogliendo l’importanza di prevedere una ripresa del nostro settore, perché essendo per sua natura un universo molto diversificato, non lo consideravano un’industria importante per il nostro Paese in termini di creazione di ricchezza. Quindi, abbiamo pensato di organizzare una manifestazione che fosse un evento che trovasse come partecipi tutti i protagonisti della filiera, dal facchino, all’organizzatore di grandi concerti, dalla sarta di scena, al tecnico audio, dal rigger all’ingegnere strutturista, per mostrare chi siamo e soprattutto che siamo tutti uniti in un unico destino lavorativo. Infatti, lo slogan utilizzato per sintetizzare lo spirito della manifestazione è stato “Un Unico Settore, Un Unico Futuro”.
Quali conseguenze porterà questo periodo di stallo lavorativo sia a livello economico sia occupazionale ma anche di programmazione?
Dopo più di un anno di fermo, la situazione è drammatica. Molti lavoratori hanno dato fondo ai propri risparmi e certo non possono essere sufficienti una cassa integrazione sempre più asfittica o i pochi sussidi arrivati ai lavoratori. Abbiamo chiesto al Governo l’istituzione di un sussidio continuativo sino a fine emergenza, cioè almeno fino a settembre 2021, ma fino ad adesso abbiamo ricevuto come risposta il solito silenzio assordante. E non si può pensare che questi lavoratori si trovino altri impieghi per 2 ragioni oggettive: la prima è che se gli altri settori economici sono meno danneggiati, sicuramente non creano una domanda di nuovi posti di lavoro sufficienti ad assorbire l’offerta proveniente dal nostro settore; la seconda è che quando ci sarà la ripresa, rischieremo di avere una drastica diminuzione della capacità professionale, perché ovviamente quelli che avranno potuto trovare un altro lavoro sono nella maggior parte dei casi le persone professionalmente più qualificate e con più esperienza.
Lo stesso vale per le aziende che in generale, se non sono state escluse dall’elenco dei codici ATECO, hanno avuto un po’ più di attenzione e aiuto economico dallo Stato, ma a lungo andare non potranno sopravvivere di soli sussidi. Anzi, già oggi molte stanno chiudendo se non rischiando il vero e proprio fallimento.
Come vedi la ripresa del settore? Quali saranno gli eventi che secondo te partiranno per primi e quali saranno gli ultimi? Quando pensi si potrà tornare in un’arena, in uno stadio per assistere ad un concerto o girare tra gli stand di una fiera?
La ripresa la vedo molto al rallentatore, per la mancanza di una programmazione e previsione da parte delle autorità, Governo e Regioni, che non hanno la lungimiranza di mettersi al tavolo e affrontare i problemi in anticipo e non affidarsi al disastroso giorno per giorno, che dopo più di un anno, contraddistingue ancora la gestione della crisi. Vari operatori e associazioni, compresa la nostra, offrono studi e modelli per ottenere una ripartenza, magari graduale e modulare, ancora in presenza del virus, ma non c’è nessuna voglia di assumersi responsabilità come invece hanno fatto varie autorità in Spagna, Germania o Polonia che hanno autorizzato, già in questi mesi, dei test di spettacoli con pubblico, che hanno dato tra l’altro risultati molto positivi.
Difficile in questa situazione esprimersi su cosa si muoverà per prima. A logica, bisognerebbe dire gli eventi all’aperto perché pongono meno problemi, ma forse apriranno prima teatri e cinema. Fare previsioni razionali ha sempre meno senso. Più facile giocare i numeri al Lotto.
La metodologia e la soglia di sicurezza posta dal Governo sembra essere quella dell’immunità di gregge per pensare a tornare ad una vita normale per tutti. Non è possibile fare previsioni attendibili e quindi, alle società di organizzazione, di programmare per tempo gli eventi, che nella migliore delle ipotesi hanno bisogno di almeno 6 mesi di tempo prima di poterne vedere la realizzazione. A mio personale parere, quindi pura sensazione, si avrà una lenta apertura da autunno/inverno 21/22 con una ripresa piena dall’estate 2022.
Pensi che possa cambiare il modo di fare intrattenimento, spettacolo o di organizzare gli eventi nei prossimi mesi?
Sicuramente lo streaming è il metodo di condivisione dei contenuti, che si tratti di spettacolo o di eventi corporate, che ha permesso ad alcune società del settore di “tamponare” la crisi. E in questi mesi passati molti hanno raffinato l’utilizzo di tecnologie che prima erano considerate di supporto e quindi non determinanti nella realizzazione di un evento. Probabilmente alla ripresa questo costituirà un metodo nuovo di progettare e costruire un evento, soprattutto penso che avremo il crescere di una proposta di eventi ibridi che quindi implementino la fruibilità dal vivo con lo strumento della partecipazione remota. E sono ottimista, nel senso che non penso che il remoto sostituirà il live, ma costituirà una vera e propria offerta aggiuntiva, che quindi realizzerà un ampliamento del mercato. Con esso nuove società e nuove occasioni di lavoro.